Undici: il nuovo cd di Ila & The Happy Trees

22 Dicembre 2022 Artisti Commenti
Ila Scattina, la cantautrice genovese, bergamasca d'adozione, ci svela simpaticamente la sua storia musicale

Ila, essendo tu anche regista, ci potresti spiegare in breve, a mo' di sceneggiatura, i tuoi primi anni nel mondo della musica, in particolare il dettaglio dolcissimo delle registrazioni della tua voce di bambina di due anni? :-)

Genova, cucina dei miei nonni, interno giorno, un pomeriggio del 1981.
Mia nonna e sua sorella stanno chiacchierando; mio nonno è intento a registrare su un vecchio registratore a cassetta la voce della mia bisnonna che enuncia dei proverbi genovesi. Poi lui mi prende sulle sue ginocchia e mi dice:- Canta, dai, canta "Careghetta d'öo" ("Seggiolina d'oro"). Così io comincio a cantare con lui, passando per "La capra è nel bosco" e per esplodere poi in "Pinocchiooooo, la fantasiiiiia".
Flash forward: interno giorno, camera mia. Ho circa cinque anni, sono malaticcia e, per farmi distrarre, mio padre mi mette in mano un microfono attaccato allo stereo a cassette, in cui poter registrare la mia voce. Parto a cantare canzoncine dell'asilo e, quando le finisco tutte, improvviso una canzone su un orsetto e una farfalla, poi sulla pioggia e sulla guerra.
1988, interno giorno, casa del mio insegnante ottantacinquenne di pianoforte: mi fa fare solfeggi infiniti e io vorrei solo suonare quei tasti meravigliosi. Dopo un anno così decido che basta, mi ha fatto scappare la voglia.
1995, Liceo Artistico Paul Klee, occupazione scolastica. Alcuni miei compagni suonano e si divertono. Io sento che mi prudono le mani e penso: "A me che piace così tanto la musica, perché non sto suonando anche io?". Torno a casa, chiedo in prestito una chitarra acustica, mi faccio segnare le diteggiature dal mio vicino bassista e comincio a suonare. Due settimane dopo scrivo la mia prima canzone: "Storia triste sotto il Bigo", dedicata alla storia d'amore di una mia compagna di classe. Successone: sono due accordi e posso suonare. Tutto ciò è meraviglioso, io farò questo.
E così cominciano anni di esperimenti (orrendi) e di concertini nei locali di Genova (menzione d'onore alla Panteka, il primo amatissimo locale in cui suonai live), per poi decidere nel 2000 di trasferirmi a Milano per seguire la via della musica.

Chi sono Ila & The Happy Trees? Ovviamente non parlo solo a livello artistico ma anche umano…

Matteo Marchese (batterista), Lorenzo Fugazza (chitarrista) e Paolo Legramandi (bassista), che hanno saputo capire insieme a me (che ancora non l'avevo chiaro) il suono che volevo tirare fuori e con i quali, quindi, abbiamo creato insieme un mondo che va dai boschi all'Africa, dai prati in fiore alle Hawaii. Tre anime gentili, colorate, aperte e abbastanza "abbelinate" da starmi dietro nei momenti di pazzia.

Undici è il titolo del tuo nuovo lavoro discografico. Ha un significato particolare e recondito?

Nella numerologia l' undici simboleggia l'intuizione, l'energia creativa, l'illuminazione spirituale e il risveglio.

I sogni per te non sono un dettaglio, tanto che spesso i tuoi testi e le tue melodie nascono proprio da ciò che il mondo di Morfeo ti ha voluto lasciare. In particolare mi raccontavi la genesi di Without you, uno degli undici brani che fa parte del tuo nuovo disco. Potresti spiegarla anche ai nostri lettori?

Ho sognato che io e Matteo Marchese ascoltavamo la canzone, con archi ed aperture molto emozionanti. Al risveglio ricordavo melodia, musica e arrangiamento, ma delle parole era rimasto solo il ripetitivo Without you. Dopo qualche ora mi sono messa a scrivere il testo, la gatta si è sdraiata sul quaderno e questo mi ha fatto sorridere. Guardando entrambi i miei gatti, sono stata quindi ispirata a scrivere una canzone dedicata a questi incredibili animali che da un anno mi hanno stravolto completamente la vita. Arrangiata esattamente come nel sogno insieme a Matteo Marchese (musicista e produttore con un disco uscito da poco), la canzone ha preso il volo.
Il video è arrivato di conseguenza: il mio sogno è diventato quello di Tobia, il nostro gatto, un viaggio onirico in cui stare sempre insieme e vivere mille avventure, a sottolineare quanto nel quotidiano i gatti siano una presenza importante e fondamentale e teso anche a ribaltare l'errato pensiero comune che queste creature siano egoiste e che non abbiano interesse affettivo nei confronti degli esseri umani.

A causa di alcuni problemi fisici, nel 2016 sei stata costretta a smettere di suonare. Immagino, quindi, che questo disco sia per te una rinascita da tutti i punti di vista. Dopo una ventennale esperienza da cantautrice, da questo nuovo lavoro dobbiamo aspettarci cambiamenti di sound e di genere o ritroviamo la Ila indie folk di sempre?

Per una volta ho deciso di non dare definizioni ed etichette. Ho seguito il flusso di ciò che arrivava, sia a livello compositivo che negli arrangiamenti. Mi sono messa lì, nel mio studiolo, e ho lasciato andare le idee, prendendo a "mazzate" una poltrona (la percussione in "Gratitude") o cercando suoni elettronici sui synth.
Ho cercato di fare un disco che mi facesse stare bene e apparentemente fa star bene anche gli altri, che è la cosa più importante.

Il fatto che tu non possa più suonare non ti permette di pensare all'organizzazione di un tour per presentare il tuo album. Lo so che possiamo ascoltare tutti i tuoi pezzi sulle principali piattaforme musicali, ma un tuo caro amico ha lanciato l'originale idea di ascoltare il disco con le persone in un locale. Idea veramente molto yeah! Come te la immagini questa serata?

L'idea mi è piaciuta molto e ho pensato di organizzarla il 15 Gennaio nella nostra taverna con tappeti, cuscini, caminetto e tisana. Ci saranno proiezioni e si faranno due chiacchiere. Per chi volesse, ci si può prenotare scrivendo a ila@ilamusic.it

A quale delle undici tracce sei più legata e perché?

Non lo so: è come chiedere a un genitore a quale figlio vuole più bene. ^_^

Sette anni di silenzio sono tanti. Ti è mancato calcare ufficialmente la scena musicale?

A volte sì, ma alla fine no, perché mi sono potuta liberare di tutte quelle dinamiche legate all'organizzazione dei concerti che mi appesantivano e che niente avevano a che fare con la musica.

Come dicevamo all'inizio dell'intervista, tu sei anche regista. In particolare in questo periodo stai lavorando per la docu-serie "Nei tuoi panni" col Giffoni Festival e per la serie web Testimoni di Genova. Con quest'ultima, assieme ai tuoi colleghi, avete organizzato un'iniziativa davvero lodevole per aiutare le persone rimaste disoccupate a causa della caduta del Ponte Morandi di Genova. Hai quindi unito artisti genovesi e bergamaschi ( Francesco Garolfi, Andrea Di Marco, Roberto Tiranti, Teo Marchese, Emilio Pastorino, Rafael Didoni, Rocco Bergamelli, Luciano Ravasio, Riky Anelli, Andy Brevi, Beppe Maggioni, Alessandro Ducoli, Daniele Gozzetti, Fabrizio Gelli, Alberto Sonzogni, Robi Zonca, Andy Ronchi E Teo Airoldi, Claudia Cazzoli ) e avete registrato un disco i cui proventi sono andati interamente in beneficenza. Che cosa ti ha regalato, a livello personale, questa esperienza?

Ho sempre pensato che fare le cose insieme sia una benedizione. Mi emoziona sempre e credo fortemente che quando ci si metta insieme per realizzare qualcosa non si possa che creare maggior nutrimento interiore per tutti.

E ora le "Bergamodomande"!
Tu sei genovese di nascita, ma ormai cittadina orobica da una ventina d'anni. Cosa ti piace dei bergamaschi?

Negli anni ho sviluppato una teoria sui bergamaschi, ossia che sono come i "ConoPalla" (ricordi quei gelati degli anni '80 con fuori il cioccolato duro?) con dentro la polenta, nel senso che sono inizialmente duri, ma quando li apri si sciolgono.

Mi raccontavi di una cosa molto curiosa che lega Bergamo a Genova: i camalli (cioè gli scaricatori e i facchini del porto), dal Medioevo fino alla metà dell'Ottocento, erano scelti tra i bergamaschi per la loro grande capacità di lavoratori infaticabili, oltre che per la loro onestà, generosità e affidabilità. Ritrovi ancora queste caratteristiche nei tuoi amici orobici?

Decisamente sì: sono dei gran lavoratori, a volte anche troppo.

Anche tu, come tanti artisti bergamaschi, hai cantato in Che mal de cò, iniziativa del Vava di qualche anno fa. Se non me l'avessi detto, non ti avrei mai riconosciuta nel video! Cosa ricordi di quell' esperienza?

Le risate, il senso di complicità con persone appena conosciute. Molti di loro, poi, hanno partecipato al disco "Per Genova" di cui parlavamo prima.

Grazie mille per averci concesso questa intervista!
Potete trovare Ila Scattina ai seguenti contatti:

Sito: www.ilamusic.it
Instagram: https://www.instagram.com/ilascattina/
Facebook: https://www.facebook.com/ila.singer
Spotify: https://open.spotify.com/artist/4t2n1l0wJj2XT7H2VE6AMu?si=qoeDCjDPREiMnsLaV2CQMg
YouTube: https://www.youtube.com/@ilaMusic
Mail: ila@ilamusic.it

Intervista fatta da Arianna Trusgnach per Chèi de Bèrghem
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