Ol Bèpi, Istituzione Bergamasca DOP

04 Luglio 2021 Artisti Commenti
L'artista di Rovetta che, con le sue canzoni, ha saputo dipingere il territorio orobico attraverso l'amore per il suo dialetto

Bèpi & The Prismas … Molti si chiederanno (oppure no, ma io lo chiedo lo stesso ): ma i Prismas li hai fondati tu o sono loro che hanno deciso di fondersi a te come uno strachitunt?

Curioso come il mio collega bresciano Charlie Cinelli, nella sua canzone La Mèla, traduca la parola "strachitù" con "gorgonzola".
Per mé l'è fò de strada! (Per me sbaglia!)
Più facile che anche lui intendesse proprio il famoso formaggio erborinato della Val Taleggio!
No, no, i Prismas li ho creati io… Al ma sömèa de is Pippo Baudo a dì ü laùr del gèner (mi sembra di essere Pippo Baudo a dire una cosa del genere)!
Parlo dei Prismas come band, ovviamente, perché già allora (nel 2004) ogni singolo musicista che ne faceva parte aveva già la sua bella storia.

Mi raccontavi dell'interessante significato bergamasch nascosto dietro al nome "Prismas". Cosa dici, lo raccontiamo anche ai nostri lettori?

Oh, beh, non è mica chissà quale incredibile segreto! Il termine è semplicemente l'inglesizzazione buffa (con tanto di plurale in s) della parola dialettale "prisme", declinata ovviamente al femminile (de mia sconfónt, quindi, col maschile "prismi" - da non confondere col maschile "prismi").
Le "prisme" sono i tipici mattoni forati che si usano ancora oggi in edilizia: direi che come simbolo erano perfetti per rappresentare sia i nostri suoni belli ruvidi e pesanti (gréf), sia la nostra appartenenza al territorio orobico.

I generi musicali a cui il tuo nome è legato sono soprattutto il blues, il country, la musica folk. Come mai questa passione?

Che cosa intendi con folk? È un termine che significa tutto e niente, folk!
Il "popolo" cui la parola rimanda a cosa fa pensare di solito? Io non attingo granché dalla nostra tradizione musicale: raramente mi avvalgo del baghèt (la cornamusa bergamasca), della fisarmonica o di altri strumenti legati al genere "popolare". Porto rispetto per quello che tradizionalmente viene chiamato folklore, ci mancherebbe, ma credo di esserne comunque sempre rimasto abbastanza distante, cercando, invece, linguaggi musicali decisamente più contemporanei. Magari anche arditi, why not (è più facile sentire in un mio disco, che ne so, uno Jodler tirolese o addirittura dell' heavy-metal).
Se, invece, con "folk" intendiamo cantare ciò che siamo stati e siamo…beh, allora sì, faccio folk!
Un po' di blues nelle mie produzioni c'è, sì, perché chiunque suoni rock comunque di lì, volente o nolente, ci passa… mentre per il country il discorso si complica un po'. Lì ci sono ragioni, se vogliamo, anche politiche. Lasciando perdere, infatti, le forme più superficiali ed esportabili, fatte di line-dance e cappelli da cow-boy, là dietro c'è un mondo fatto (anche) di signori musicisti e signore produzioni (roba davvero di livello eccelso, credetemi), ma al momento assolutamente poco sdoganabili nel nostro continente. Il motivo principale? Beh, i contenuti "poco condivisibili" (dal pensiero unico che si vuole imporre, ovvio). Nel country americano sentirete, ad esempio, un sacco di cantanti parlare di famiglia, di Dio, di esercito, armi, Patria…
Eh no, in Europa queste cose non vanno bene! Persino voci ostentatamente "maschie" come quelle di Trace Adkins o di Josh Turner qui oggi risultano poco gradite ai network: rimandano a stereotipi che si sta cercando di eliminare, ma che a qualcuno (me per esempio) continuano a piacere.

So che hai avuto un'esperienza bellissima negli Usa quando hai inciso tre brani nientepopodimeno che nella sala in cui ha registrato anche Bruce Springsteen, a Nashville. Esperienza da gran fighi! Ti ha soddisfatto o ritieni che le sale d'incisione italiane possano competere degnamente?

Ma certo che possono competere! Io negli States ci sono andato per vedere come si facevano le cose al top, anche a livello di musicisti, di arrangiamento, di "humus", visto che là campano di country tutti i giorni e tutto il giorno. Oggigiorno, tuttavia, si possono fare cose egregie ovunque, nel globo, anche senza spendere tutti quei soldi. Basta sapere a chi rivolgersi e saper sfruttare al meglio certi software che ci sono sul mercato. Poi, ovvio, a monte ci deve essere una bella canzone, secondo me. Tutto parte sempre da lì…non dimentichiamocelo.

Come componi i tuoi pezzi? Quali sono i temi che prediligi?

Io racconto ciò che vedo. La realtà offre infiniti spunti di riflessione. Spessissimo, però, mi piace lasciare quest'ultima tra le righe, in una maniera un po' impressionistica, diciamo. È chiaro che se io vedo e racconto ciò che vedono anche molti altri, il pezzo avrà molto più appeal. In caso contrario il rischio di ritrovarsi un po' isolati effettivamente c'è. E più si è soli più si tende a volerlo diventare sempre più, forse anche perché la non-comprensione comunque genera sofferenza.

Sei riuscito a coinvolgere in Blüs dol rüt persino il sindaco Gori. Come ti è venuta questa particolare idea?

L'ultimo album, a cui ancora stiamo lavorando, mancava, forse, di qualche spunto "leggerino" e non c'è dubbio alcuno che la gran parte della gente mi preferisca nella mia versione più divertente e scanzonata. Il modello era la vecchia "Bank Blues", che tanto piacque nell'ormai lontano 2006. Non è stato difficile usare di nuovo in maniera vincente quegli ingredienti: il tema della differenziazione dei rifiuti era ed è attualissimo! Certo, avere Giorgio Gori come special-guest ha reso le cose molto più facili! Dubito, infatti, che, senza il suo nome, il pezzo avrebbe avuto quella diffusione! Ma, se il Sindaco di Bergamo mi ha detto di sì, significa che in questi anni ho saputo meritare la sua fiducia. Se ti metti a collaborare con un gioppino, per di più in un periodo assai delicato per la città più colpita dall'emergenza Coronavirus, rischi grosso, a livello di immagine. Evidentemente Gori mi ha reputato, al contrario, un testimonial serio e credibile della nostra cultura. La cosa non può che farmi piacere.

Quattro dei tuoi dischi sono scritti in italiano, ma il pubblico ti conosce soprattutto per i brani in bergamasco. Cosa ti trasmette il dialetto che l'italiano non ha?

Sono due lingue diverse. L'italiano possiede una ricchezza di vocaboli che, per certe cose, è indubbiamente migliore. Non amo chi si ostina a cacciare forzatamente il dialetto in contesti dove il suo effetto è quantomeno discutibile. Di contro, se racconti la realtà che ti circonda con i suoni "veri" di questa realtà, hai la certezza di star lavorando di fino, con la giusta pignoleria, e il risultato sarà infinitamente più credibile. Un uomo di provincia come me certe immagini le sente ancora "suonare" esclusivamente in dialetto e bale ga n'è mia (e palle non ce ne sono)! Trasposte in italiano queste si afflosciano e perdono forza e fascino, al punto da sembrare quasi delle riproduzioni, spesso venute pure così così…

Quando è nato il personaggio del Bèpi?

Nella seconda metà degli anni '90, a Radio Antenna 2 di Clusone. Lo "inventò" il DJ Tony Tranquillo, insieme al sottoscritto, così, per far ridere gli ascoltatori. Lo facemmo per anni e ancora oggi, quando lo vado a trovare… an ga ria amò bé sènsa problemi (ci riusciamo ancora bene senza problemi)!

Sei nato come comico da cabaret. Poi ti sei avvicinato alla musica. Quale dei due ruoli prediligi?

Non è esatto. Tiziano Incani (il vero nome del Bepi) aveva già quattro album all'attivo quando è nato il Bepi! Prima è venuta la musica dunque! È il Bepi, semmai che, col tempo, è diventato sempre più cantautore e sempre meno "buffone". Sono scelte. Io mi sento più "bravo" in certi ambiti dove pure è palese che raccolgo meno consensi. Far ridere mi piace, da sempre, è chiaro, ma evidentemente una vera e propria vocazione al cabaret non ce l'ho. Ogni volta che ho avvicinato seriamente quel mondo, peraltro, ho sempre trovato cose che mi disturbavano e che me ne facevano allontanare.

Sugli schermi di Bergamo Tv hai condotto un quiz sul territorio bergamasco. Preparando personalmente le domande, c'è qualcosa di particolarmente curioso che hai scoperto della tua terra e di cui non eri a conoscenza, ma che ti ha colpito tanto, ma proprio tanto?

Scherzi? Scrivere le domande del Bepi Quiss è stata ed è (perché io conto di tornare in onda) un'occasione enorme per erudirmi! Di cose davvero curiose sulla nostra terra potrei dirtene tante. Una a caso? Al tempo della dominazione asburgica (prima metà dell'800 circa) il nostro inno nazionale (nella sua versione in lingua italiana) si chiamava "Serbi Dio l'austriaco regno" (un pezzettino del quale tra l'altro è inserito anche nella mia Welcome, uscita nel 2018).
Ebbene, la musica di quel "Kaiserhymne" era composta da Joseph Haydn ed era esattamente la stessa di quello che oggi è l'inno tedesco! Cosa significa questa cosa? Che l'attuale inno della Germania due secoli fa…era il nostro!
‘Sta cosa i friulani, come te, la ricordano decisamente più di noi: oltre a quella tedesca e italiana, infatti, ve n'era anche una versione nella tua lingua.

Due anni fa sei stato invece invitato come "vip" (o "svap" ) a partecipare a un quiz televisivo su Canale 5 condotto da Gerry Scotti e hai pure vinto. Il tuo ruolo si è quindi invertito. Com'è stata l'esperienza da concorrente?

Un po' imbarazzante. Io spero che Gerry Scotti e il regista abbiano capito le mie scelte. Li reputo persone intelligenti. Capito cosa? Che, in quella puntata di comici, io c'ero finito quasi per errore. Non volevo sgomitare per farmi spazio, non volevo prendere più secondi di TV rispetto a quelli che mi erano concessi (perché il vero premio è quello, se non lo sapete, per chi fa un mestiere come il mio!) Mi sono limitato a buttar dentro un po' di bergamasco, così, tanto per "tener su la parte" alla mia gente che mi guardava da casa e che si emoziona quando sente il nostro dialetto alla TV nazionale. Quando, però, si vuole stare un passo indietro, si corre il rischio di apparire delle mummie, soprattutto in un mondo un po' kitsch come quello, e la mummia è una delle peggiori cose che possano capitare in TV!
Io i "tempi" e i modi un po' li conosco, dai! NO a colui il quale devi tirar fuori le parole di bocca col tenài (con la tenaglia), ma NO pure a quello che non sta mai zitto e magàre ‘l cünta sö pò a di cagàde… (e magari racconta pure cagate…)

È appena uscito Il castello, il tuo ultimo libro. Hai scelto di spogliarti del tuo nome d'arte e di firmarti come Tiziano Incani, cioè te stesso. Come mai questa svolta? C'è qualcosa di bergamasco anche tra queste pagine?


Sì, sì, di terra e parlata bergamasca c'è molto anche ne "Il Castello", tuttavia io credo che il mio nome d'arte, almeno in questo caso, non mi avrebbe aiutato, anzi… Chiaro che il Bepi è molto più conosciuto di Tiziano Incani, ma chiaro anche che il suo nome si presta pure a un'infinità di stupidi pregiudizi, sia da parte di chi è bergamasco che da parte di chi non lo è. Dareste veramente cieco credito a uno scrittore che si crede discretamente in grado di maneggiare la lingua italiana, ma che si firma "il Bepi"? Siate sinceri… Magari andreste sul web a cercare qualcosa di me e chissà cosa vi salterebbe fuori! Magari un concerto di quelli "dei bei tempi" in cui finivo col fare il pirla sul palco a torso nudo e in mutande… La gente non ha il tempo, la voglia e spesso nemmeno l'intelligenza per cercare di capire davvero. Laga pèrt ‘mur di Dio: mèi ü nòm qualsiasi come ‘l mé! (lascia perdere per l'amor di Dio: meglio un nome qualsiasi come il mio).
A volte è meglio partire da zero… piuttosto che da meno dieci!

Nuove cose in pentola? Non la polenta, eh… ma chicche artistiche

Sì, piano piano, senza fretta, arriveranno. Sono un po' scazzato, devo essere sincero. Credo nella loro qualità, ma pochino nella loro appettibilità e nel loro potenziale. Per adès fermómsa al lìber… (per adesso fermiamoci al libro).

Veniamo alle Bergamodomande…
Ti chiedo di chiudere gli occhi e di dirmi la prima cosa che ti viene in mente pensando alla tua Val Seriana.

I capannoni delle innumerevoli ditte tessili che per decenni ne sono stati il simbolo. Lo so che non è uno spettacolo necessariamente bello. Tu, però, non mi hai chiesto lo fosse.
E poi, se posso fare un po' il pitimino scassapalle, Rovetta non è proprio in Valseriana, almeno a livello geografico. Le nostre acque "passano giù" dalla Val Borlezza e vanno nel lago d'Iseo. De ché ol Sère al passa mia (di qui il Serio non passa).

Ok, classica figura becera :))) Grazie della delucidazione geografica! Credo che tu mi possa perdonare solo perché sono friulana!
Secondo te cosa vedono i bergamaschi nel Bèpi?

Un loro simile. Spesso. Non sempre. Quando accade, mi amano. Quando non accade, mi odiano. Difficilmente mi ignorano. Dicono sia una virtù, ma só mia gnè ‘ssé sigür (ma non ne sono nemmeno così sicuro).

Mi piacerebbe che scrivessi tre parole bergamasche che non vorresti mai smettere di usare.

Fés (molto) perché non è affatto vero che è (solo) bresciano! Era ed è usato anche nella bergamasca, sebbene caduto in disuso quasi ovunque (gode di ottima salute in Valgandino, però). È termine utilissimo e averlo lasciato "andare", cercando giri di parole alternativi, è proprio da pirla.
Sá Ché (vieni qui) perché così io richiamo i cani che porto a spasso. Mi piace da morire, soprattutto se caricata di quei suoni ostici e pesanti che solo la provincia ha (ad esempio con la prima A aperta quasi come una E). Se dici "Sá ché" a un cane come lo dico io, in centro a Bergamo…beh, hai già fatto capire chi sei! J
Stí sö fránch (mantenetevi in buona salute). Così salutava, congedandosi, il compianto Prof. Umberto Zanetti, forse l'ultimo grande custode di migliaia di nozioni, linguistiche e non, sul nostro territorio. Mi manca tantissimo. Da quando lui non c'è più fatico a trovare persone del suo calibro con cui confrontarmi e con le quali condividere certi argomenti.

Un cantante/musicista/gruppo bergamasco che ami particolarmente?

Sono amico di tanti musicisti bergamaschi. Non credo di essere in conflitto davvero con nessuno, ma, così su due piedi, faccio fatica a risponderti: "amare" è una parola grossa. A livello istintivo ed emotivo hanno sicuramente fatto più breccia in me certe cose di Charlie Cinelli, anche se è bresciano e non bergamasco.

Grazie davvero per avermi concesso il tuo prezioso tempo. E' stata una chiacchierata piacevolissima. Per chi non ti conoscesse (ma dubito che in terra orobica ci sia qualcuno che non sappia chi sia Ol Bèpi), dove può ascoltarti o contattarti per eventuali ingaggi?

Ah ah ah…pòta, mè èt sa gó òia mé (bisogna vedere se ho voglia io) perché, come ti dicevo prima, sto attraversando una fase un po' particolare. Da un lato produco, produco, ma dall'altro, spesso, mi manca la voglia di portare in giro queste produzioni.
Non ero una bomba di socievolezza prima del Covid… maginì adès! (immaginate adesso!): #lockdownforever
Comunque:
info@ilbepi.com
Bepi Line: 347/5275785
Facebook: Bepi and the Prismas

Intervista fatta da Arianna Trusgnach per Chèi de Bèrghem

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