Le bionde di Palma il Vecchio by Tosca Rossi

20 Marzo 2021 Turismo Commenti

LE BIONDE DI PALMA IL VECCHIO



Pochi sanno che ai tempi della Serenissima il grande pittore Tiziano Vecellio in laguna aveva un unico vero concorrente: il bergamasco Jacopo Negretti de la Valle, soprannominato ancora in vita Il Palma e dal nipote a quasi un secolo dalla morte Il Vecchio. Ma questa è un'altra storia!

Jacopo senior era originario di Serina in alta valle Brembana, dove nasce nell'anno 1480, proprio come gli omologhi Lorenzo Lotto, Giovanni Cariani e Andrea Previtali. Entro la fine del secolo è già a Venezia e andrà a bottega dall'altro nostro conterraneo, Andrea Previtali detto il Cordelliaghi (per differenziare la sua famiglia dagli altri rami Previtali bergamaschi a Venezia), che a sua volta era stato allievo del grande Giovanni Bellini.
Andrea Previtali nel 1511 rientra a Bergamo per seguire gli affari commerciali paterni, mentre Jacopo era già divenuto maestro autonomo. La sua ascesa lo vide impegnato in un turbinio di commesse pubbliche e private, ecclesiastiche e profane, condite da uno stile completamente diverso dal grande Tiziano: più popolare, verace, veritiero e genuino al contempo, tipicamente lombardo e in puro carattere orobico.

Ma quello che ha consacrato il nostro Palma, tra le varie, è l'ideazione del nuovo sottogenere pittorico Ritratto di donna bionda, che vede incorniciare i volti e le forme generose delle matrone veneziane da lunghe chiome dorate. In realtà all'epoca, così come oggi, le donne italiche erano per lo più more, brune o castane e non certo bionde come le nordiche o altre con cui i Veneziani si intrattenevano durante i loro rapporti commerciali. Nacque così la moda del tingersi i capelli, allo stesso modo di come fecero le patrizie romane, che a furia di colorarseli con le più svariate tinture policrome arrivarono ad essere spesso calve, indossando dei tupè.

Ad ogni modo le nostre veneziane "per essere bionde" iniziarono a raccogliere l'urina animale e ad intridervi dei cappelli in paglia, che poi provvedevano ad indossare facendoli poi ben aderire al loro cuoio capelluto, sfoggiati con nonchalanche durante le loro passeggiate lungo calle e canali, nel mentre rilasciavano un tanfo irrespirabile. L'urina, densa di ammoniaca, unita all'esposizione solare intensificata dal riflesso dell'acqua, portava a schiarire le capigliature et voilà il gioco era fatto o quasi.

Un rimedio all'olezzo che all'epoca circolava insistentemente nell'aria venne dato dall'uso dell'essenza di zibetto, recuperata dalle ghiandole anali di un piccolo mammifero che abitava le campagne venete, ma essendo questo troppo ricco di ferormoni ... beh lascio immaginare cosa non poteva che succedere tra gli ardori maschili.

Per ovviare all'inconveniente, si optò poi per un altro tipo di essenza a base di mandorla, ma poco efficace, tant'è che le fonti sostengono che le "povere donne stinte" dovettero riparare all'ultimo piano delle altane veneziane (torri aperte su tre o quattro lati in sommità) e lì sostare come in una sorta di solarium rinascimentale. In questo modo si misero al riparo, il loro puzzo era lontano da narici fastidiate, sulla "terraferma" tornò a regnare la pace e soprattutto si riprese a respirare un'aria più fresca e pulita.

In qualsiasi modo sia andata, il sottogenere pittorico del nostro Palma, tra le eccellenze che la terra di Bergamo vanti, oggi è esposto nei maggiori musei del mondo e lui e solo lui a distanza di secoli firma le sue bionde ... oggi sempre di moda!

Articolo scritto da Tosca Rossi

TERRE DI BERGAMO DI TOSCA ROSSI
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Commenti
  • Arianna Trusgnach 21/03/2021 - 14:06

    Articolo molto interessante e divertente! complimenti!

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